Per la prima volta nella mia vita. E non è solo un “ti amo”, ma un “ti amo tanto”.
Un pensiero dolce
Nella propria mente, lui si è già impadronito di molti pensieri. Ma è quando si inserisce spesso nei discorsi con gli altri, che allora ne si percepisce la profondità.
Lui è bello. È bello per gli occhi, ma soprattutto perché ha quella purezza unita a diavoleria, con la capacità di far provare qualcosa.
Lui è brividi costanti lungo la schiena, per cui c’è quell’esuberanza che porta a fare le vocine stupide, a voler le coccole e a sentire la mancanza.
Lui è profondità, in cui lasciarsi andare senza timori e paure, anche se quella strizza di insicurezza rimane sempre, di fronte a tanta felicità.
Lui è un pensiero dolce, bellissimo, che lascia quella sensazione di calore che abbraccia e avvolge.
Lui, è lui.
E io voglio essere forte abbastanza per godermelo tutto.
Liste
Parole, spiegazioni, aggettivi, imprecazioni, stati d’animo, pensieri, turbamenti e incazzature, tutti in fila, ordinatamente formavano una lista che mi ha reso irrequieta.
Non avevo un obiettivo, non c’è tutt’ora uno scopo, a quei tantivi di riflessione sui cui mi sono incattivita talmente tanto fino a voler andare a sbattere la testa contro al muro.
È come se dovessi trovare a tutti i costi un motivo per tener ben salda quella spina sul fianco che rischio di conficcare sempre più in profondità.
Come se sentirmi addosso un senso di irrequietezza costante mi tenesse accessa, dimenticandomi di quanto può essere piacevole essere iperattivi sentendosi contenti e basta.
Imparerò.
Imparerò!
Imparerò? C’è qualcosa da imparare o è semplicemente qualcosa di cui dovrebbe importarne nulla?
Andiamo da Laura Pausini, va!
Così, semplicemente
Vorrei non vergognarmi di essere felice. Vorrei non continuare a chiedermi perché adesso sì e prima invece no.
Sono come lo Snoopy ballerino delle mie vignette preferite. E forse è l’unica cosa che conta.
Eh si, comunque me la sto godendo tantissimo.
A mie spese
A quanto pare non serve a molto dannarsi, se non è abbastanza.
Ma che cazzo volete
Io sono quella a cui volete e con cui vi sentite in dovere di raccontare la storia. Ma di cui non volete sentire la narrazione.
E allora che cazzo volete?
In sottofondo c’è “AM”, l’album simbolo degli Arctic Monkeys. Ormai. Ma anche “The car non scherza.
Per me di 17 ottobre
Da quanti mesi che non scrivevo qualcosa solo per me! Sarà che negli ultimi mesi non ho avuto pensieri così tristi come, rileggendo alcuni miei post, al mio solito. Forse è perché oggi entro ufficialmente nella vecchiaia (sono 30, cazzo!) e ho per la prima volta nella mia vita un contratto a tempo indeterminato.
A volte la vita sembra farci rivivere dei deja-vu senza fornire indicazioni. In altri momenti, invece, ci sembra di perdere familiarità con le varie situazioni che si paranao davanti a noi. Chissà, la mente è una cosa particolare.
Comunque dicevo, che bel periodino che si sta chiudendo per me… Sono successe tante cose, sia belle che brutte o strane. Non saprei riassumerle, ma citando solo qualche episodio recente di esempio potrei rendere l’idea. Ho visto per la prima volta un concerto allo stadio di Wembley a Londra, ma non un live qualunque, era l’eventro tributo a Taylor Hawkins dei Foo Fighters. Ed ero in prima fila (lavorativamente parlando ha portato delle belle soddisfazioni). Un paio di settimane dopo, però, è morta la mia Charla. Poi ho vinto il tanto agoniato e atteso bando di concorso per la Scala… e oggi sono tornata lì, non pensavo neanche di passare, figurati vincere. Inoltre, sto scompando molto.
Come andrà dopo oggi? Chi può dirlo: ho un po’ di ansia. Spero di continuare comunque a fare tantissimo sesso.
Perché è successo tutto di lunedì 17 ottobre? Non so, ma ora sono pronta per il nuovo album degli Arctic Monkeys (sì, fare la giornalista di musica – ah si, ovviamente anche quello continua – ha i suoi vantaggi).
Ah, la felicità (hardcore punk / screamo)
Ricordo ancora il giorno in cui ho iniziato a interrogarmi sulla felicità. Al tempo le suore erano lì ha indottrinarmi sulla parola di Dio e sulla Chiesa catollica. E alla fine io non credo e non sopporto nessuna delle due cose. Comunque, ricordo che chiesi al mio professore di religione (era un prete, un po’ singolare che arrivava in classe con la sigaretta accessa in bocca e mi lasciava ascoltare il cd di Nevermid nei Nirvana dal mio walkman quando non volevo seguire la lezione e quindi per me lui era ok – avevo circa 14 anni e andavo in un pidocchioso liceo di ciellini) cosa fosse questa felicità tanto irragiungibile e quale fosse il nostro scopo in relazione a essa. Forse le parole esatte erano più sbiascicate, del tipo: “Senta prof, ma allora sta felicità cos’è? Che ci dobbiamo fare noi?”. Ricordo che lui disse qualcosa del tipo che io forse ho interpretato male, per cui forse mi sm fatta condizionare dal mio essere un po’ malinconico. Ma quello che mi è rimasto dentro è che la felicità è qualcosa che noi facciamo fatica a toccare, che vogliamo conquistare e per cui ci danniamo a volte perchè abbiamo la reale sensazione di non raggiungerla mai. Però, è quello che ci muove. Insomma, 29 anni spumeggianti i miei.
Scusi prof non ci capisco un cazzo.
Sono da sola
Comunque mi sono resa conto che tra i miei colleghi sono l’unica da sola.
C’è chi è sposato. Chi ha la compagna. Chi ha figli. Chi ha la fidanzata. E poi ci sono io.
È anche vero che sono l’unica donna.
Avrei voglia di scappare…
… mossa da quella sensazione che niente porta a qualcosa. Niente che possa riempire il vuoto che mi porto a dietro.
Qualsiasi cosa io faccia mi fa provare quella sensazione, quella che non vorrei provare, quella per cui ci si sente inesistenti e insignificanti.
E niente!
Mal di vivere smart
Non ho voglia di alzarmi dal letto e affrontare questa giornata.
Ma ho tante cosa da fare.
Devo inghiottire la pillola amara di questa mia vita un po’ folle, e andare a preparare il caffè.
Chi è la merda?
Ho su Facebook (chissà per quale motivo) il professore di matematica che ho avuto durante i miei primi due anni di liceo scientifico. (Sempre per un motivo che non conosco) a volte mi capitano in bacheca suoi post in cui condivide o sostiene le cazzate del Senatore Pillon.
Quello mi metteva sempre due e io ero una super capra in matematica, ma è lui a essere ancora una merda di persona.
Stasera pizza margherita
C’è qualcosa che mi frulla nella testa ma che non ho ancora afferrato. Ci sono pensieri frenetici e troppo veloci: non riesco a leggerli.
Comunque, stasera ho preso una pizza margherita perché prendera la mia solita mi pareva troppo.
E mi fa male la schiena.
Ho come la sensazione che…
la vita mi stai scivolando via come seta tra le dita.
Non so spiegare bene questa sensazione e forse è proprio questo il punto in cui sono bloccata: non so esattamente cosa mi stia succedendo, ma ho come la sensazione di perdere costantemente il controllo e di non sapere come muovermi.
Non riesco a leggermi dentro e non so capire a cosa sia dovuto il blocco che avverto nei miei pensieri, nella mia pancia, che si fa via via sempre più pesante.
Come se un’ombra oscura si fosse agganciata a me fino a sovrastarmi. Quando alzo gli occhi al cielo faccio fatica a vedere la luce, e guardarmi indietro mi fa un po’ paura.
Forse dobbiamo tutti guarire da qualcosa, e sta a noi scegliere di scoprire di cosa si tratta.
Non ho molto da scrivere. Ormai faccio fatica a decifrare i miei pensieri. Scrivo per vivere. Ma non so più leggermi dentro
Le mie ora non si chiamano più piccole…
Ma tette atletiche.
L’ho letto su “Che donna”. Hanno trovato alle tette piccole un termine per indicarle sulle riviste di un certo tipo.
Te se, sei stronzo, ti meriteresti una con le tette a campana. So che tu hai gusti pessimi e ti piacerebbero comunque.
Neanche al mio peggior nemico
Non c’è niente di peggio che stare male e non avere nessuno con cui parlarne.
Magari perché ci si vergogna, oppure perché non si sa come spiegarlo, o semplicemente perché nessuno ti ascolterebbe.
Non lo auguro neanche al mio peggior nemico.
Ferragosto
Per riuscire a fare il lavoro dei tuoi sogni, non devi avere amici.
Detto fatto.
Due settimane
Come si spezza il silenzio di due settimane!?
Ciao Raffaella
A tre anni ho iniziato a dire a tutti che da grande avrei voluto essere Prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano (modesta!). Così sono arrivate le prime lezioni di danza classica e di musica, poi anche quelle di danza moderna. Ricordo che mamma e papà mi sgamavano spesso ballare in giro per casa… su qualsiasi tipo di musica (soprattutto grazie alla generosa raccolta di dischi dei miei): Michael Jackson, Queen, Madonna… e chi più ne ha più ne metta. Passavo ore imbambolata davanti alla tv a guardare MTV in attesa della canzone giusta su cui ballare e imitare le coreografie dei videoclip. E ovviamente non mancavo di guardare i varietà insieme a mia sorella.
Da bambina io, che di lì a pochi anni sarei andata in giro con i capelli ossigenati biondo platino (sì, ci buttai sopra anche l’acqua ossigenata) per fare la punk ascoltando tutti quei gruppi che a 11/12 anni non avrei nemmeno dovuto conoscere, ammiravo tutte le grandi showgirl che portavano la loro danza in tv e che mi facevano ballare con le loro canzoni leggerissime da casa: Heather Parisi, Lorella Cuccarini e ovviamente Raffaella Carrà.
In questi giorni su #Rockol ho avuto occasione di ricordarla con due pezzi: “Quando Raffaella Carrà difese Eminem a Sanremo” e “In ricordo di Raffaella Carrà: Tiziano Ferro e la sua ‘E Raffaella è mia’“.
In segreto, chiusa in camera mia, però, l’ho ricordata ballando come una matta sulla mia canzone preferita di Raffaella Carrà, “Ballo ballo”: la ballavo come una pazza scatenata da piccola (ricordo di averla fatta anche a un saggio di danza) e la ballerei fino allo sfinimento.