Detto a modo mio

Questa sera ho seguito un po’ il concerto del Primo Maggio (sì, ammetto che qualche artista l’ho evitato). Durante la trasmissione mi sono accorta che Zucchero ha contribuito proponendo un video già pubblicato un mese fa su Instagram. (A me piace Zucchero, il video in questione lo ricordavo perché l’avevo guardato un paio di volte). Questo mi ha fatto capire quanto le dirette streaming mi “danno noia”. Personalmente, quando guardo una diretta streaming ho l’impressione che queste, più che sopperire la mancanza dei concerti, sottolineano ancora di più il fatto che non c’è modo di sostituire i live così come li abbiamo sempre vissuti. E mi dispiace, perché vorrei davvero che ci fosse un modo per raggirare questo problema. Magari fra un po’ di tempo sarà possibile tornare a fare concerti e spettacoli, e poter tornare a teatro. Ma non nell’immediato. Però per il molento preferisco riguardare un vecchio video registrato, allora, coscente che si tratti di materiale d’archivio. Non ho voglia di credere di stare guardando una diretta, con la possibilità che vengano proposte immagini già “vecchie”.

Non si parla d’amore qui

“E come hai fatto dopo aver mollato?”

“Bè, mi sono creata un altro sogno. Ok, detta così suona troppo poetica, in realtà c’è solo un fastidiosissimo motivo. Ho avuto fortuna, molto culo. E la cosa mi ha stupito davvero tanto, perché io sono la sfigata per eccellenza. Quella a cui se qualcosa può andare solo bene o male, va sempre male. Insomma, ho scoperto che c’era qualcosa che riusciva quasi a eguagliare il modo in cui mi sentivo prima. La cosa assurda è che il mio nuovo sogno è diventato subito il mio lavoro, senza rendermene conto.”

“E cosa fai adesso?”

“La giornalista musicale.”

“Ah. E ti pagano?”

“Sì, certo. È un lavoro.”

(qui non si parla d’amore. Ecco, ora capite il motivo per cui sono triste seppur vada così bene da essere una figata assurda)

Voglio davvero dire ‘addio’ di nuovo?

Ho dovuto imparare a dire addio troppo presto, in un età in cui mi potevo ancora permettere di credere nelle favole. Eppure la realtà arriva puntale, ed è cattiva, a volte, può davvero fare male, dentro, in profondità.

Ho detto addio ancora altre volte, poi. Quasi con leggerezza, ma erano pur sempre degli addio. E in ogni addio c’è sempre un briciolo di quel dolore, un eco di quella tristezza, un ricordo di quella perdita.

Sì, perché un addio significa perdere. Significa provare la sensazione di cadere nel vuoto, senza sapere quando la caduta finirà.

Eppure, c’è chi sostiene che a volte dire addio è ciò di cui si ha bisogno. Come se sia l’unico modo per lasciarsi indietro qualcosa che in qualche modo ci ha ferito. Come se ci aiutasse a espiare il nostro peccato di aver provato qualcosa. Come se ci potesse aiutare a eliminare quel groviglio che ci si è formato nello stomaco.

L’ultima volta che ho detto addio a qualcuno è stato più di anno fa. In una serata normale, in un giorno tra Natale e Capodanno. Ricordo che mi sentivo inattaccabile, mi sentivo come se nessuno potesse giudicarmi. Infatti ho bene in mente la sensazione che provavo nel raccontare ciò che mi andava, come se volessi lasciar l’ultimo pezzo di me dentro a quelle mura che per due anni avevano ascoltato i miei racconti e che per un periodo mi avevano anche accolto come se fossi a casa. È stato quello poi a farmi aprire gli occhi, nel momento esatto in cui raggiungevo l’orgasmo, per poterlo guardare negli occhi mentre era ancora dentro di me e sentire che in realtà io ero altrove. Con il sorriso sulle labbra, senza quella cosa che mangia la pancia, e serenamente ho realizzato che ero contenta che fosse finita per me, senza via di ritorno, senza ulteriori inciampi emotivi. Qualsiasi forma d’emozione o sentimento verso di lui si erano addormentati insieme a me nel momento esatto in cui non ero più riuscita a sopportare il male che mi faceva e che era capace di farmi. Stavo bene con me stessa e lui non sarebbe più stato in grado di penetrarmi con la sua anima buia. Ci sono voluti otto mesi da allora prima che lui mi scrivesse. In quegli otto mesi, però, per me era successo di tutto: avevo stravolto la mia vita, avevo conosciuto un uomo con cui stavo benissimo ma ci siamo lasciati quando ho realizzato che gli volevo bene più come un amico fraterno, anche se poi ho scoperto nel peggior dei modi che aveva fatto qualcosa che mi ha ferito davvero molto e – anche se per una storia di tre mesi mi ci è voluto davvero poco per abbandonare il dispiacere – ero comunque riuscita a superare anche quella. Stavo così bene che ignorai il suo messaggio inconsciamente e ci vollero due settimane prima che lui mi riscrivesse di nuovo. Io però sorridevo di mio, per me e con pochissime parole gentili lo allontanai. Dopo di allora c’è voluto questo coronavirus per ricevere nuovamente un messaggio da lui. Sto bene e sono invincibile, così ci ho anche scambiato qualche chiacchiera. È andato avanti così per settimane, a scrivermi spesso e a ricevere da me solo risposte monosillabiche. Fino a quando non è stato quello di solito, facendo le sue battutine preferite per farmi sentire piccola e insulsa. Ma non ha funzionato e ancora una volta con le parole più gentili del mondo sono riuscita ad allontanarlo di nuovo. Io a lui ho detto addio. Per me è come se non esistesse: posso ricevere suoi messaggi, ricordare quei bei momenti con lui o rivedere una foto di noi ma io non provo nulla.

Il punto però è sempre quello, dire addio comporta una perdita, un abbandono, un voltare le spalle.

Voglio davvero dire ‘addio’ di nuovo? O sono in grado di superare qualsiasi cosa?

Non lo so. Ancora una volta… Io non voglio più perdere.

Insomma

Altro che “orny”. Nelle ultime ricerce di gif, per le mie stories su Instagram che raccontano gli stati d’animo da quarantena, ho cercato le parole “bored depre” e “sad” (scegliendo immagine con capricci mix triste non tristezza depre).

Bè insomma, oggi sul presto mi sono girate le palle che mi sono rovinata l’umore. Ben mi sta, no?

 

Papà Castoro 3.0

In pratica è come se io mi fossi messa a “scrivere” una storia… e nessuno se ne è accorto.

In pratica cerco di descrivere stati d’animo, momenti, umori che ognuno di noi vive in questa quarantena attraverso delle gif che pubblico sul mio profilo burlone su Instagram. Ogni sera ricreo una storia così, al termine della quale c’è sempre “The end”.

Finora ho immaginato la scemenza, lo sclero, lo “sbuffo”, i momenti down un po’ depre e, proprio stasera, la pazzia che ti porta a ballare (sì, ho scelto tutte immagini buffe sul twerk. Ma ho concluso con J.Lo lanciatissima). Adesso devo pensare gli altri mood da raccontare. Uno me lo immagino già: la parola che cercherò per trovare la gif giusta sarà “Orny”.

Ora aspetto solo di scoprire chi è il primo che noterà questa cosa.

Buona notte

I corti della Pixar

Dal nulla, così per caso, ho iniziato a crearmi pensieri dolci.

Un pensiero dolce ti culla nei momenti in cui hai più bisogno di una carezza. Lo puoi immaginare per tranquillizzarti o lo puoi disegnare per dargli importanza.

Ho deciso di avere pensieri dolci per me, che in qualche modo possono regalare un sorriso anche a qualcun’altro, se sono di quelli davvero belli.

I pensieri dolci possono essere di natura diversa tra loro.

Sono come i corti Pixar. Ecco. Sono storie diverse. Oppure sono immagini fisse, a volte, di soggetti e situazioni diverse. In qualche modo, peró, nella loro diversità sono accomunate da quel velo di dolcezza che, per quanto possibile, sembra riuscire comunque a scaldare il cuore – che per molto tempo è sempre stato intrappolato dentro un cubo di ghiaccio, insieme alle rose surgelate.

Eh

Mi sono rotta i coglioni. Davvero. Non so neanche più se sia una barzelletta e sto perdendo sempre di più le risate. Ma io non ho neanche più voglia di perdermici, di sprecare sorrisi, tempo, lacrime, malumori, domande. Sti cazzi insomma.

È difficile. Ma se oltre che difficile deve anche essere doloroso. Fanculo. Io mi ritiro.

No

Non lo so ma è così.

È tutto un no. E poi fa male, lì. Dove non si dovrebbe sentire dolore. È freddo. Proprio nel punto in cui si dovrebbe provare calore. È lontana quella sensazione, come buttata via. Si è sciupata e ha lasciato ancora più tristezza.

Non so come sarà ma so com’è. Fa schifo.

Un ballo infernale

A livello affettivo sto per toccare il fondo. Penso che io stia raggiungendo sempre di più un punto bassissimo, sempre più povero di colori e sorrisi.

Sono lontana da qualsiasi tipo di sfera sentimentale e se non fossi così tanto concentrata sul lavoro, sui miei obiettivi e sulle mie preoccupazione mi sentirei sprofondare nel baratro.

È come se, a poco a poco, io stia perdendo la sensibilità del tatto e sia a un passo dal lasciar la presa. Mi allontano sempre di più anche solo da una flebile illusione di affetto sereno e scambio i sorrisi e le soddisfazioni egoiste per contentezza.

Sto su con il morale come se questo stesse giocando a fare l’equilibrista su un filo che a breve si spezzerà.

Finirò per terra, mi farò male e sarà più doloroso del solito. Lo sento, quel morso allo stomaco, sta salendo su ed è più cattivo del solito.

Capricci

Vorrei rimanerci male senza dovermi nascondere.

È normale caspita, me lo devo.

Per nascondermi intendo rannicchiarmi a letto con la coperta sopra la testa, ascoltare la musica con le cuffie come quando si aveva sedicianni, farmi prendere dalla malinconia e non cagare i messaggi sul telefono perchè sto cazzeggiando a leggere aneddoti divertenti da nerd.

Forse sono preda di uno degli attegiamenti più infantili di sempre. Chiamato: “fare i capricci”.

(Farò una cosa nuova oggi, che non ho mai fatto e non so se rispetterò a lungo. Non sono del tutto convinta di questo cambio drastico al mio “spazio dove metto nero su bianco le cose”. Sta di fatto che quando scrivo, sto sempre ascoltando qualcosa. Forse dovrei iniziare a embeddare la musica che sento mentre scrivo.)

LAGS – SOON (29/03/2019)

Però

Non provo facilmente paura, però quando rimango bloccata in mezzo alle porte a vetro girevoli mi viene un po’ di quella cosa lì.

Non mi sono mai fatta prendere dall’ansia con facilità però ultimamente, troppo spesso, mi sento mancare il respiro quando devo affrontare qualcosa che mi preoccupa in partenza.

Non piango facilmente però da qualche mese a questa parte ci vuole poco.

Non sono una di poche parole però mi stanno sul cazzo un po’ troppe persone.

Non sono antipatica però a volte mi sto sul cazzo pure io.

Non mi piace il sole e le belle giornate però, da qualche settimana, la pioggia mi indispone.

Non mi piace avere il broncio però soffro molto di sbalzi d’umore.

Non sono mai stata una che si stanca in fretta però ho sempre sonno.

Non mi ammalo mai però da qualche mese ho spesso i sintomi dell’influenza.

Non sono sola però provo spesso il sentimento della solitudine.

Non mi trovo male da sola però insomma.

Non sono così forte come voglio far credere però mi riesce bene sforzarmi di esserlo.

Non sono una delle tante però capita sempre che finisco per esserlo.

Non sono una persona noiosa però mi annoio spesso.

Non sono fuori di testa però lo sembro.

Non sono una rompicoglioni però a volte mi ritrovo a esserlo.

Non sono una qualunque

e non lo sarò mai.

Due schiaffi

Me li merito e me li son fatta dare. La mattina con la realtà in bocca, le fantasie lasciate per aria e gli scherzi che lasciano poco di vero.

Alla mia vita affianco una bellissima carriera da regista di fantascienza a quella di spettatrice neanche tanto silenziosa, ma pur sempre tra le fila del pubblico.

Dividere quello che immagino da quello che vorrei a quello che è

Stacci tu nei sogni miei / Già che ci sei / Tremi un po’ e tremo anche io

Ho capito tardi.

Dritto al cuore – FASK

Che sia lunga, storta e faccia male
Tendi questa freccia dritta al cuore
Guarda un’altra volta questo viso
Se non mi credi scocca col sorriso

Ne succedono di ogni, tutte le volte come delle frecce al cuore pronte a ferirmi. Come se ogni volta dovesse esserci per forza un modo per destabilizzarmi… però tutto sommato, a sto giro, procede bene.

esagerata-mente

Esagerato è il modo in cui ci si sente in alcune circostanze, che non si può controllare.

Esagerato è un discorso che vomita parole facilmente fraintendibili, ma che trovano la giusta collocazione per forza di cose.

Esagerato è il bisogno di trovare una scappatoia per allontanarsi il più in fretta possibile, da un eventuale inciampo emotivo.

Esagerata è la sensibilità con cui si affronta ciò che accade quando accade, senza sapere perchè accade.

Esagerato è il movente della malinconia, per cui ci si ritrova a fissare il vuoto dal finestrino di una metro in corsa.

Esagerata è la necessità di vedere in modo cristallino ciò che è giusto riconoscere, e di volerlo raccontare.

Esagerata sono io, spogliata del mio cinismo e apatia. Esageratamente emotiva e sensibile.

Esagerato è il controsenso che sono.

Malinconia prepotente

Senza motivo, dopo un fervido tentativo di mantenere alta l’allegria e la spensieratezza – quasi in modo naturale – la mancanza prima o poi si fa sempre sentire. E accade in modo prepotente quando non te lo aspetti.

Perchè accade? Sembra quanto meno esagerato e fuoriluogo provare così tanto questa mancanza; suona come se fosse esagerato. Come se essere stati troppo razionali abbia solo fatto scatenare la furia dell’emotività.

Cercando di trattenere ogni reazione sensibile, si sono scatenati poco alla volta tanti stati d’animo diversi.

La negatività ha portato con se una permalosa diffidenza e il lato positivo della cosa tiene solo alto lo spirito, che barcolla e barcolla ma crolla subito nella malinconica emotività. Razionalmente non c’è nessun motivo per giustificare le proprie reazioni. Ci sono solo tanti pensieri che giocano come palline a flipper nella testa, e le sensazioni mangiano la pancia. Non c’è nulla da fare, ci sono tanti motivi e tante ragioni per cui è così, ma infondo non c’è proprio niente da fare.